C’era una volta un paese non molto lontano, dove scatole nere e rettangolari parlavano e suonavano, le carrozze avevano le ruote e piccoli oggetti di vari colori abbattevano le distanze facendo giungere una voce lontana.
In questo paese non molto lontano viveva Martino. Un giovane speranzoso e altruista che sognava l’amore. Un giorno cercò e trovò la sua felicità in una piccola e docile donna di nome Vittoria che attenzioni e premure a lui regalava, senza chiedere nulla in cambio se non che il suo cuore a lei per l’eternità appartenesse, senza dolori e preoccupazioni. Di amore voleva esser nutrita, niente di più.
I due ragazzi innamorati, in poco tempo, diedero conferma, davanti a Dio, del loro amore, giurandosi le gioie nelle avversità, la cura nelle malattie, l’amicizia nelle scelte, l’unione nella famiglia.
I giorni passavano, la neve scendeva, gelando campi, case e persone, che per la fretta nel vivere avevano dimenticato di riscaldare i cuori delle persone amate, congelando anche il loro.
La città era di ghiaccio e Martino e la sua amata erano soli. Continuavano a riscaldarsi con le loro parole d’amore, i piccoli gesti, gli abbracci e le carezze. Era diventato l’amore per le piccole cose, il motore del loro sentimento, e la poesia prendeva vita nelle loro azioni.
Vi era silenzio, nel paese. Erano soli con il loro amore.
Ma una sera di quel gelido inverno, Martino si allontanò per portare a casa le provviste per i mesi avvenire.
Camminò per le ghiacciate strade deserte, domandandosi dove fossero gli altri abitanti e vani furono i tentativi di darsi una risposta.
Improvvisamente una strana creatura gli prese le mani e poi gliele strinse, legandole insieme, gli bendò anche gli occhi e gli parlò.
“Hai una donna che ti aspetta a casa e vuoi portarle del pane caldo. Ma qui non lo troverai, Martino. Sono tutti miei schiavi e il pane non verrà più sfornato.”
“Oh, per favore, liberami. Mia moglie è a casa che mi aspetta, ha freddo e devo riscaldarle il cuore o si gelerà!” rispose Martino.
“Il mio nome è Abitudine. Non sarai libero nemmeno tu, da questo momento in avanti. Se le catene vuoi spezzare, la tua amata mi devi portare.”
“Giammai. Non sfiorerai le sue mani delicate né oscurerai i suoi grandi occhi. Sarò tuo schiavo, ma ad una condizione, che per l’eternità a Vittoria sarò legato.”
“L’eternità sia.”
Martino tornò a casa, schiavo di Abitudine. Tornò a mani vuote, senza pane e senza viveri. Il suo sguardo era freddo come la neve che silenziosamente fuori si posava e non una parola d’amore aveva per sua moglie.
I giorni passavano e con questi i mesi e le stagioni. Il motore delle piccole cose si spense e nella vita di Martino e Vittoria non vi erano più premure, più carezze. Gli sguardi erano assenti e la felicità scomparve, il giorno era uguale alla notte e l’alba uguale al tramonto, nulla più cambiava nelle loro vite, non un gesto in più, non una parola.
Un giorno d’estate, la giovane donna uscì per le desolate strade e incontrò una creatura piccola piccola, dalle sembianze di una bambina. Il suo nome era Speranza.
“Portami con te e regalami una dimora. Qui tutti mi hanno dimenticata accettando le loro catene. Mi respingono e non mi cercano.”
In quel momento il cuore di Vittoria si riempì di amore e decise di portarla con sé.
Entrarono in casa e la piccola Speranza, un innocente e dolce sguardo regalò a Martino, sciogliendo le catene di Abitudine. In quel momento, una piccola cosa gli venne gratuitamente regalata. Uno sguardo, quello sguardo che alla sua amata più non volgeva. E tenere parole d’amore nacquero spontanee verso la donna che tempo prima conservava la sua felicità.
Sembrava tutto un vecchio e brutto ricordo quando Martino fece la conoscenza di un’altra creatura: Lontananza.
“Vieni via con me, Martino. Non sono malvagia, sono un’anziana signora che vuole metterti alla prova. Se verrai con me e a casa tornerai, un’importante lezione tu imparerai.”
Il giovane ragazzo accettò la sfida e salutando Vittoria e Speranza, si recò in un paese molto distante. Nella sua valigia mise qualche indumento, il pane caldo e le piccole cose. Quest’ultime non occupavano spazio, ma erano tanto importanti.
Ogni giorno Martino usava le piccole cose e Vittoria, senza mai lasciare Speranza, aspettava il ritorno del suo amato, con le piccole e significative azioni, i piccoli gesti, le parole d’amore. Il motore del loro amore era molto caldo poiché insieme lavoravano.
Passarono altri giorni e il ragazzo tornò a casa, con l’unico desiderio di riabbracciare sua moglie. Il dono delle piccole cose aveva dato i suoi frutti e Lontananza in silenzio andò via, in un posto molto lontano. Speranza diventò invisibile e in quella casa continuò ad abitare, senza mai abbandonarli.
E Martino e Vittoria vissero felici e contenti, innamorati e liberi da qualsiasi catena.
Maria Elena Marsico
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