C’è uno sport, nobile e antico. Uno sport che mi piace paragonare alla danza classica, e i miei studi mi confermano che un paragone simile non è un azzardo. E’ uno sport che si avvicina all’arte, che elegantemente si inchina a te e poi si congeda. C’è uno sport che mi ha insegnato il significato del fair play, che non guarda lo stemma sulla tuta o il cognome sul tabellone.
C’è uno sport che mi ha insegnato che una palestra può diventare una casa, e una squadra può diventare una famiglia, anche quando si lotta individualmente. Ed è questo il suo punto di forza, l’individualità all’interno di una grande squadra, che ti sostiene anche quando per te il gioco si è già concluso.
C’è uno sport che ti permette di stringere la mano con la mano sinistra ma che t’insegna la buona educazione, il rispetto e la lealtà. C’è uno sport che ti coinvolge fino agli spalti.
C’è uno sport che non ho praticato, se non per qualche giorno a caso, ma che ha fatto “touché” nella mia vita e non ho voluto mica pararlo.
C’è uno sport che è la scherma, che non importa quale sia la tua posizione nel ranking, la tua preparazione, le tue ambizioni, c’è questo sport che ti prende e ti lancia in giro per il mondo.
Ho avuto modo di accompagnare mio fratello nelle sue trasferte e con piacere andavo, ero io a volerlo. Per fare il tifo dagli spalti e dal parterre quando, furtivamente, riuscivo a introdurmi all’interno di questo. Per passare quei tre giorni in famiglia, quelle tante ore in macchina a parlare del futuro, delle gare, del passato, del pranzo e della cena, degli esami, del passaggio a Roma o il “magari torno a casa questa volta”.
La scherma mi ha dato questo, mi ha regalato più tempo con la mia famiglia quando sono andata a vivere fuori e in giro per l’Italia ci incontravamo per sostenere mio fratello, la scherma mi ha regalato forti emozioni, mi ha fatto sentire preparata, patriottica. Mi ha fatto seguire le olimpiadi più da vicino, almeno in uno sport. Mi ha regalato le persone che nella mia vita hanno occupato e occupano posti fondamentali.
Dagli spalti, sì, anche dagli spalti, mi ha regalato la stanchezza fisica. E la tristezza quando, da bambino, a mio fratello qualche lacrima veniva giù, e da “grande”, quando spazio per i pianti non ce n’era più, soltanto uno sguardo severo verso sé stesso quando per me “la stoccata era tua!”, dando torto all’arbitro.
La scherma mi ha insegnato che in pedana ci si stringe sempre la mano, indipendentemente dagli episodi che la vita decide di trasmettere. La scherma però mi ha insegnato anche che, fuori dalla pedana, si va negli spogliatoi e, anziché stringersi la mano, ci si abbraccia. Per fare pace, per scusarsi, per chiarirsi perché d’altronde si è cresciuti insieme.
La scherma mi ha insegnato che può piacermi davvero tanto uno sport.
La scherma mi ha insegnato che non esistono limiti, che il diverso non c’è, che dentro e fuori la pedana si è tutti schermidori, tutti esseri umani.
La scherma mi ha insegnato la forza di volontà.
La scherma mi ha fatto applaudire, congratulare, come una spettatrice a qualsiasi spettacolo.
Perché per me la scherma è stata questo: un grande spettacolo durato dodici lunghi anni. Il protagonista era mio fratello, attore di quello che per me è lo sport più bello di tutti, e io ero lì a sostenerlo, a immedesimarmi nella storia, sbirciare da dietro le quinte, conoscere gli altri attori, parlare di quello spettacolo e spargere la voce.
Ora, però, Gaetano, mio fratello sciabolatore, ha deciso di cambiare palcoscenico e di accendere qualche faro in più, di cambiare le nostre poltrone e renderle più morbide. Dedicherà sé stesso alla recitazione, al cinema, portando con sé i valori che soltanto uno sport così nobile può lasciare.
Il suo “Farewell to Arms” (citando il romanzo di Hemingway “Addio alle Armi”) è un po’ anche il mio, lui depone le sciabole, e lo faccio anche io. Io che ho aiutato a portare quelle “armi” in giro per l’Italia e in giro per il mondo.
Il mio ultimo ringraziamento va a te quindi, Gaetano, per aver tirato di scherma anche quando eri demotivato, per non aver mai abbandonato la pedana quando il gioco si è fatto più duro, grazie per i tuoi buoni risultati e per aver fatto sì che anche io entrassi nel tuo mondo fatto di sciabole, spade e fioretti.
Sta per cominciare un nuovo assalto, è tutto tuo.. ed è la tua pedana della finale.
In guardia, pronto, a te.
Tua sorella, dagli spalti, dalle quinte.
Maria Elena Marsico
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